Forum › PESCA ALL’INGLESE & BOLOGNESE › GUIDA ALLA PESCA ALL’INGLESE IN MARE
Descrizione generale
Sono convinto che ormai siano ben pochi quei pescatori che non sappiano che la pesca all’inglese fu scoperta da noi italiani durante i campionati del mondo tenutisi sull’Arno a Firenze nel 1985, dove gli inglesi ci batterono solennemente e noi ci classificammo secondi anche per merito del grande Roberto Trabucco, oggi simpatico ed attempato produttore/distributore di articoli da pesca di interesse internazionale.
I nostri restarono colpiti da quegli strani galleggianti dal corpo tozzo e da una lunga antenna della quale sporgeva dall’acqua solo un centimetro scarso della punta, oltre che da quelle particolari canne in tre pezzi piene zeppe di microscopici anelli passafilo, quando quelle usate dai nostri, le classiche bolognesi, presentavano un solo anello per sezione.
Restarono colpiti anche dalle notevoli distanze a cui gli inglesi riuscivano a piazzare i loro galleggianti.
Ma quello che soprattutto colpì fu il notare che gli inglesi tenevano il cimino della canna completamente immerso nell’acqua e che i loro galleggianti, nonostante la brezza, non ‘scorrazzassero’ da nessuna parte ma restassero ben fermi nel punto iniziale in cui erano stati lanciati, senza dover fare quindi continue rettifiche per riportarli sul punto iniziale, dove ormai era stata fatta la giusta pasturazione. E gli inglesi vinsero proprio per questo: i loro galleggianti pescavano nel punto esatto in cui avevano pasturato con accuratezza.
Si scoprì poi che gli inglesi usavano anche una nuova ‘diavoleria’, frutto di nuove tecniche sulla pastosità del nylon, e precisamente il filo affondante, e che proprio perché immerso non offriva appigli al vento e quindi non veniva trascinato via dalla zona di pesca così ben preparata e pasturata.
Col passare degli anni anche questa disciplina, tipica delle acque dolci, fu trasferita, come già era avvenuto per la bolognese, in acque salate e si videro i primi pescatori pescare ‘al colpo’ anche in mare.
Quello che fu subito evidente era la difficoltà di riportare pari pari la stessa metodologia in un ambiente, quello marino, dove le condizioni ambientali erano fortemente condizionate da un evento meteorologico che nelle acque dolci era facilmente affrontabile col metodo all’inglese, mentre in mare lo stesso metodo aggravava solamente la situazione: la presenza del vento.
Mentre nelle acque dolci il vento non crea effetti così rilevanti, salvo forse che nelle grandi distese dei laghi, e col ‘trucco’ di affondare la cima della canna e l’utilizzo di filo affondante si riesce ad affrontare la situazione senza problemi, in mare invece il vento causa uno stravolgimento della superficie dell’acqua dando origine alla formazione delle onde. Il trucco di affondare il cimino e di utilizzare il filo affondante non solo non risolve il problema, ma addirittura lo aggrava, in quanto il moto ondoso si trascina dietro il filo (e di conseguenza il galleggiante) causando non solo lo spostamento del galleggiante dalla zona di pesca, ma facendo correre il rischio di causare addirittura lo spiaggiamento o l’arroccamento di filo e galleggiante. Il galleggiante inglese resiste molto meglio al moto ondoso rispetto al galleggiante classico, ma non così il filo. Si è così arrivati alla prima modifica del sistema adottando due semplici accorgimenti: eliminare il filo affondante ed utilizzare una classica canna bolognese dalla lunghezza decisamente maggiore, che consente nei limiti del possibile di mantenere il filo alto sul livello delle onde.
Nota: stiamo ovviamente parlando di un vento e di un relativo moto ondoso sostenibile, non certamente di condizioni da meteo-surf.
Questa è probabilmente la sostanziale differenza tra inglese in acque dolci ed inglese in mare. Se le condizioni meteo-marine sono buone, oppure se peschiamo da luoghi riparati o da banchine dei porti, la tecnica adottata nelle acque dolci può essere riportata pari pari nelle acque salate. Per quanto riguarda questa guida, però, la descrizione che verrà fatta sarà quella della pesca all’inglese in mare, e che le eventuali coincidenze con quella fatta nelle acque dolci la ritengo puramente casuale, non avendo alcuna nozione specifica sulla pesca all’inglese originale, quindi praticata in acque dolci. Quello che so di certo è che nelle condizioni di mare avverse di solito è sufficiente eliminare il filo affondante ed usare una lunga bolognese al posto di una canna inglese.
Passiamo ora alla descrizione dell’attrezzatura
Canna
La canna da pesca inglese (match rod, da match fishing, il termine inglese di ‘pesca al colpo’) differisce dalle canne bolognesi sia per struttura fisica che per concezione di utilizzo, ed è studiata particolarmente per dare maggior efficacia alla sua azione preminente, che è quella di consentire lunghi lanci di galleggianti che possono arrivare a grammature anche notevoli.
Sono generalmente in 3 pezzi ad innesto e dotate di un gran numero di anelli passafilo di piccolo diametro, ed entrambi questi accorgimenti ne favoriscono appunto questa caratteristica.
Hanno per lo più azione parabolica per ammortizzare meglio i tentativi di fuga dei pesci, in modo che la forza non venga scaricata solo sul filo ma anche sulla canna, consentendo pertanto l’utilizzo di ‘bave’ più sottili che, come ben sappiamo, si rivelano più catturanti specialmente quando abbiamo a che fare con prede molto sospettose. Canne più rigide hanno invece la tendenza a scaricare la forza prevalentemente sul filo, che se è particolarmente sottile potrebbe spezzarsi con facilità.
La loro lunghezza varia dai 12 piedi (mt 3,65) ai 15 piedi (mt 4,57) ed il loro cast (potenza di lancio) varia dai 5-15 gr per le prime ai 15-30 gr per le seconde.
Nota: le canne inglesi per il mercato italiano, a parità di lunghezza, possono superare anche di molto questi cast per venire incontro ai gusti dei pescatori italiani, che in genere preferiscono canne meno ‘mollaccione’. Sempre per questione di gusti, in Italia vengono commercializzate anche canne inglesi telescopiche, ad imitazione delle bolognesi.
Un’altra caratteristica che contraddistingue la match rod è la lunga impugnatura di sughero che può estendersi anche per 75-80 cm, ed il portamulinello che è formato da 2 anelli sagomati in alluminio o grafite che, strozzando il piede del mulinello contro il sughero, ne assicurano il fissaggio.
Anche per quanto riguarda questi anelli, stiamo assistendo alla loro graduale scomparsa per essere sostituiti da portamulinelli classici, mentre l’impugnatura in sughero ancora resiste.
Chi, per qualsiasi motivo, non si sente particolarmente attratto dalla match rod (che uno dei miei più cari amici di pesca definiva affettuosamente ‘il violino’), può utilizzare benissimo una bolognese che ne rispecchi le caratteristiche: calano notevolmente le performance sul lancio di pesanti galleggianti, ma salvo casi particolari non è necessario raggiungere distanze da primato.
Mulinello
Non esistono mulinelli specifici creati appositamente per la pesca all’inglese, a meno che non si vogliano considerare tali quelli dotati di Bait Runner. Le caratteristiche che maggiormente interessano i pescatori inglesi (che badano più alla sostanza che all’apparenza) sono la maneggevolezza (quindi piccoli e leggeri), la capacità di fare lunghi lanci (quindi bobina conica) e l’elevata velocità di recupero per il reinnesco ed il rilancio. Però noi italiani, che abbiamo un innato gusto estetico (per il quale, diciamolo pure, siamo invidiati), probabilmente preferiremo puntare su un mulinello più completo e dotato:
– misura da 2000 a 3000 (max. 4000)
– bobina conica
– recupero a spire incrociate
– nottolino guidafilo di grandi dimensioni su cuscinetto a sfera
– almeno altri 4 cuscinetti come minimo
– velocità di recupero da 5:1 a 6:1
– ingranaggi in bronzo
– frizione millimetrica
– almeno 2 bobine di ricambio
– ottima fattura complessiva
– aspetto aggraziato
Filo
Abbiamo già visto nell’introduzione come il filo da imbobinare per la pesca all’inglese debba avere una caratteristica peculiare: non deve galleggiare nell’acqua ma deve affondare.
Tutti i fili di nylon assorbono acqua. Per ridurre questa caratteristica vengono usati vari accorgimenti (quali per esempio la siliconatura o altri ingredienti che vengono aggiunti alla pasta di base durante la polimerizzazione, prima della filatura). Il match line (il filo affondante) subisce un processo particolare per il quale, pur assorbendo acqua per affondare, questa tuttavia non indebolisce la sua struttura, cosa che invece avviene per i fili normali quando perdono qualcuna delle loro caratteristiche iniziali.
Ovviamente i produttori hanno ciascuno i propri ‘segreti’ e, come per tutte le cose, ci sono marche e modelli di filo che sono migliori di altri. Una caratteristica un po’ in contrasto con quelle che dovrebbe avere un filo da bobina è che il match line è alquanto rigido, mentre i migliori fili da bobina dovrebbero essere morbidi. Però il basso diametro dei fili sopperisce in parte a questo inconveniente.
In presenza di moto ondoso, per quanto detto in precedenza, è altamente sconsigliabile il match line.
Disponendo di 3 bobine, si possono utilizzare i diametri 0.14, 0.16 e 0.18. Se in qualche spot sono segnalati pesci di grossa taglia e preferiamo non rischiare, possiamo arrivare anche allo 0.22.
Per il montaggio del terminale (che vedremo più avanti) serve poi uno spezzone di filo di 5-6 centesimi superiore alla madre (p.e. madre 0.14, spezzone 0.20), che va interposto tra la madre ed il bracciolo in modo da impedire che durante il lancio quest’ultimo vada ad aggrovigliarsi nel galleggiante o nel resto della lenza (una specie di ‘coda di topo’).
Come bracciolo si utilizzano fili sottili da 0.10 a 0.14 (ovviamente in proporzione alla madre) che possono essere anche in fluorocarbon.
Galleggianti
Ed eccoci arrivati all’aspetto più caratteristico di questa pesca: i galleggianti all’inglese. La prima cosa che colpisce è la loro forma, così diversa da quella dei comuni galleggianti da bolognese. La seconda cosa è la loro pre-piombatura. La terza cosa è il modo in cui vengono collegati alla lenza: all'apice del corpo sono dotati di un anellino entro cui scorre la lenza, metodo questo che ha contribuito a coniare per essi il termine di ‘wagglers’ (dondolatori: se teniamo tra le mani un pezzo di lenza in cui abbiamo infilato un galleggiante inglese e muoviamo le mani a destra e a sinistra, ci rendiamo subito conto del perché di questo nome):
I wagglers si suddividono (vedi figure più avanti) in Bodied (‘panciuti’), Straight Loaded (‘zavorrati dritti’) e Stick Float (‘bastoncini senza zavorra).
I bodied e gli straight loaded contengono ad una estremità un’appendice di piombo o di ottone fissata saldamente al corpo che ha lo scopo di conferire queste funzioni: funge da zavorra per appesantire il galleggiante in modo che possa essere lanciato più facilmente; conferisce più stabilità al galleggiante; consente un minor scarroccio in presenza di correnti. Gli stick float sono invece privi di zavorra (e sono utilizzati tantissimo come galleggianti scorrevoli con la bolognese).
Cominciamo poi col notare lo ‘strano’ metodo con cui vengono stampati i numeri che contraddistinguono la loro grammatura: 2+1, 4+1, 6+2 ecc., che crea forte curiosità in chi, per la prima volta, si imbatte su questi insoliti galleggianti nel bancone del negoziante. Il primo numero indica il peso del solo galleggiante, il secondo numero indica il peso max. in grammi della zavorra aggiuntiva (indicata dal segno +) che bisogna applicare alla lenza perché venga fatta affondare senza però tirarsi giù anche il galleggiante: in parole più semplici 2+1 significa che il galleggiante, di per se, pesa 2 gr e che è in grado di sostenere un ulteriore grammo aggiuntivo da applicare alla lenza. Mentre, volendo, è possibile applicare un peso aggiuntivo inferiore a quello dichiarato, un peso superiore farebbe inesorabilmente affondare il galleggiante. La zavorra aggiuntiva, come vedremo meglio nella descrizione dei terminali, può essere costituita da un pezzo unico oppure da un insieme di pallini il cui peso complessivo non superi quello dichiarato.
La seconda cosa da notare è che all’apice della zavorra inserita nel corpo del galleggiante è presente un anellino che serve per ‘appenderlo’ alla lenza: o si fa passare direttamente la lenza dentro l’anellino, oppure nella lenza viene inserita una speciale girella munita di moschettone, per cui l’anellino viene agganciato al moschettone. La prima soluzione non consente la sostituzione rapida del galleggiante (se non tagliando la lenza), la seconda invece consente una sostituzione rapida. Entrambe le soluzioni presentano pro e contro: la prima non consente la sostituzione rapida ma crea meno appigli durante il lancio; la seconda esattamente il contrario. Questo metodo di appendere il galleggiante gli conferisce un’oscillazione ondulatoria che gli ha dato il nome (waggler).
Se si ha difficoltà a reperire questo utilissimo accessorio, si può ricorrere ad una piccolissima micro girella N. 22 munita di moschettone.
Va infine notata la lunghezza notevole del galleggiante, che ha il duplice scopo sia di favorire il lancio che di favorire l’affondamento del filo. Per aumentare l’efficienza durante il lancio, le lunghe aste del galleggiante sono spesso dotate di alette come le frecce di un arco.
Galleggiante bodied (panciuto).
Come si vede dalla figura, il bodied è costituito da un corpo abbastanza massiccio e goffo (panciuto, appunto) costruito in legno di balsa. Ad una estremità è attaccata la zavorra sagomata (in piombo od ottone) solidale con un anellino che serve per appenderlo alla lenza. Dall’altra estremità fuoriesce una lunga asta (penna di pavone o plastica), dotata o meno di alette direzionali. La zavorra favorisce i lunghi lanci, la lunga asta (specie se dotata di alette direzionali) serve per stabilizzare il galleggiante durante il volo, oltre che favorire l’affondamento del filo una volta raggiunta l'acqua. La zavorra può essere fissa o variabile: quest’ultima è dotata di un’astina filettata sfilando la quale è possibile aggiungere o togliere piccoli dischetti di piombo o di ottone per variare il peso complessivo del galleggiante. Questo metodo di regolazione ‘fine’, per la verità, non è molto diffuso e (secondo il mio parere, ovviamente) è riservato ai veri maniaci della pesca all’inglese, che vogliono intervenire anche nei minimi dettagli.
L’utilizzo dei bodied (di solito in elevate grammature) è suggerito quando si vogliono raggiungere lunghe distanze oppure quando si pesca in situazioni di forti correnti.
Straight Loaded (‘zavorrati dritti’)
Sono galleggianti a forma di tubo dritto in plastica in basse grammature (2+1, 3+1) e vengono utilizzati quando non è necessario raggiungere lunghe distanze e quando è necessaria una maggior leggerezza di tutto l’apparato. La forza della corrente deve essere assente o molto debole.
Stick Float (bastoncino senza zavorra)
Anche questi galleggianti sono a forma tubolare ma assolutamente privi di zavorra incorporata. Questo suggerisce che vanno usati in tutte quelle occasioni in cui è necessaria un’estrema sensibilità e in tutte quelle occasioni in cui è possibile calarli senza doverli lanciare (quindi da usare con lunghe bolognesi di 6-7 mt e oltre), da moli, porti, porticcioli, pontili e rocce con alti fondali sottostanti ed al riparo dal vento e onde.
Accessori
Girelle.
Le girelle servono per congiungere tra loro le varie parti che compongono la lenza all’inglese (vedi sezione Terminali). La buona qualità dei materiali usati oggi per la costruzione nonché quella dei macchinari che servono per assemblarle, ci consente di usare un’unica misura piccolissima di micro girelle (la cui numerazione varia dal N.18 al N.22 a seconda della marca).
Sono da scartare quelle classiche (ed antiche) a barilotto in ottone, assolutamente inadeguate per carico di rottura e scarico delle torsioni. Tra le migliori, segnalo le Mustad cromate.
Non tutti gradiscono un uso intensivo delle girelline, preferendo unire le varie parti della lenza con un nodo. Bisogna allora porre particolare attenzione a scegliere il nodo più adatto: trattandosi di unire spezzoni di lenza di diametro variabile tra loro, suggerisco di specializzarsi in un unico nodo che si è rivelato tra i più efficaci nella congiunzione di lenze in diametri o material diversi (nylon+fluorocarbon), e cioè l’Albright Special:
Piombini
L’argomento sui piombini merita un trattamento molto approfondito, in quanto da essi dipende non solo la perfetta taratura del galleggiante ma l’integrità stessa della lenza.
Quelli che dobbiamo utilizzare sono i piombini calibrati: la particolarità di questi piombini risiede in un taglio perfettamente centrale e nella consistenza del piombo detta consistenza media, cioè non sono né troppo duri ne troppo morbidi. Ciò viene garantito da una piccolissima percentuale di antimonio, che rende la struttura del piombo dura al punto giusto, oltre che a funzionare da anti ossidante (rallenta cioè la formazione di quella patina biancastra che dopo un po’ di tempo si forma sul piombo a causa dell’umidità). La salinità dell’acqua aumenta l’ossidazione dei piombini, che è anche la prima causa del loro sfaldamento: questi piombini deteriorati vanno subito sostituiti usando l’apposita pinza levapiombo creata dall’onnipresente Stonfo:
Ma il vantaggio maggiore dato dai piombini calibrati è il loro perfetto taglio centrale (taglio calibrato, da cui il nome) privo di qualsiasi sbavatura e che consente il loro esatto posizionamento sulla lenza senza che intacchino il filo, uno dei peggiori nemici occulti del nylon. E’ stato calcolato che un piombino tagliato bene ed applicato in modo corretto riduce la tenacità del nylon del 5%, contro il 50% di un piombino tagliato male ed applicato peggio. Inoltre i piombini calibrati sono perfettamente sferici. I migliori produttori di piombini calibrati sono (manco a dirlo!) gli inglesi.
La grandezza dei pallini è contraddistinta da un numero, ciascuno dei quali corrisponde ad una determinata grammatura del pallino. Sotto è riportata una tabella di comparazione della numerazione standard e di quella inglese: mentre la numerazione standard è approssimativa (in quanto dipende dalla casa produttrice), la numerazione inglese è specifica ed ogni numero corrisponde ad una grammatura ben precisa a prescindere dal produttore (notare come i numeri, per certe grammature, sono sostituiti dalle lettere dell’alfabeto):
Molti produttori indicano comunque nelle confezioni l’esatta corrispondenza tra numeri e grammature dei propri pallini.
I piombini calibrati consentono inoltre la loro perfetta centratura sulla lenza, che non è solo una questione estetica, in quanto nei fili più sottili consente alla lenza di distendersi in modo più uniforme sia in fase di pesca che di lancio, limitando i grovigli dovuti proprio al lancio. Per centrare perfettamente un piombino sulla lenza è però indispensabile abbinare il più possibile la grandezza dei pallini al diametro del nylon. Quella sotto è una tabella che indica il rapporto tra la numerazione di un pallino calibrato ed il diametro del nylon a cui andrebbe applicato, per ottenere la centratura del piombino:
Ovviamente ognuno potrà ricavarsi l’esatto abbinamento facendo le dovute proporzioni in base alle indicazioni della tabella.
Infine un suggerimento da non sottovalutare: a volte è più conveniente asportare un pallino mal posizionato e metterne uno nuovo, anziché farlo scorrere lungo il nylon. Per chi non vuole perdere tempo, ricordarsi di inumidire sempre il nylon prima di far scorrere i pallini e, soprattutto, non farli scorrere a gruppi ma singolarmente.
Esche ed ami
Le prede insidiabili con la pesca all’inglese in mare sono molteplici: diciamo che tutti i pesci costieri sono catturabili. Per nostra fortuna la variabilità degli ami e delle esche può essere limitata e non ci costringe ad adottare un amo o un’esca specifica per ciascuna specie. Per quanto riguarda le esche, la parte da leone la fa il bigattino, seguito dagli anellidi, dal gamberetto vivo e dalla mollica di pane o dalla pastella. Queste sono le esche più sperimentate e sono moltissimi i pescatori che usano quasi esclusivamente il bigattino.
E siccome l’amo deve essere proporzionato all’esca, possiamo adottare, volendo, due sole misure, la N.12 e la N.14. Ovviamente ciascuno è poi libero di usare la numerazione che vuole, però vi posso assicurare che queste due numerazioni sono più che sufficienti per affrontare tutte le situazioni, dallo sparlotto alla spigola che supera abbondantemente il kg.
Per quanto riguarda il modello di amo, personalmente ho deciso di usare esclusivamente quelli ad occhiello anziché quelli a paletta, e questo da quando i migliori produttori di ami (ovviamente i giapponesi) hanno immesso sul mercato ami con occhielli così microscopici da avere un volume addirittura inferiore a quello della paletta. Inoltre gli ami ad occhiello sono più veloci e meno complicati da legare, vantaggio questo da non sottovalutare se siamo costretti a sostituire l’amo durante una battuta notturna mentre il pesce sotto di noi è al massimo dell’attività.
Terminali
Ed eccoci arrivati alla parte che, son sicuro, attendevate con più ansia: la preparazione dei terminali.
Ma prima di addentraci nel loro assemblaggio, è utile tener presenti queste considerazioni.
Dalla descrizione fatta nell’introduzione, se ne deduce che la tecnica all’inglese produce dei vantaggi rispetto alla classica pesca con la bolognese, non fosse altro perché ci è costato il campionato del mondo del 1985… Tra questi annoveriamo:
– una maggior sensibilità alle tocche dovuta sia alla particolare conformazione del galleggiante che al suo sistema di collegamento alla lenza: anche la toccata più timida viene segnalata da questo sistema
– una ferrata più pronta in quanto la lenza (al contrario di un galleggiante bolognese) è sganciata dal galleggiante e quindi non deve ‘trascinarselo dietro’ al momento della ferrata: c’è una linea diretta tra amo e cimino senza l’interposizione del galleggiante
– l’immersione completa del filo affondante e del cimino della canna evitano gli effetti di trascinamento dovuti al vento di cui soffre il filo tradizionale e quindi il conseguente scarroccio del galleggiante lontano dal punto di pesca
– la facilità con cui si può sostituire il galleggiante (ovviamente mediante l’interposizione dell’apposito accessorio), cosa che invece nella bolognese con galleggiante classico poteva avvenite solo tagliando la lenza
– annullamento quasi totale dei grovigli dovuti al lancio (o alla presenza di vento frontale) per la particolare montatura all’inglese.
La prima scelta da fare è se montare il galleggiante in posizione fissa o scorrevole. Col passare degli anni vi accorgerete di preferire un’impostazione più di un'altra, e ciò è dovuto a molteplici fattori tra i quali hanno la prevalenza i gusti personali, i successi ottenuti e la frequentazione di spot fissi. Al sottoscritto, che ha la fortuna di abitare in un luogo relativamente vicino al mare ed a spot particolarmente adatti alla pesca all’inglese, è per esempio venuta la ‘fissa’ di usare in prevalenza il galleggiante scorrevole, riservando solo ad alcuni spot l’utilizzo del galleggiante fisso. Però un ‘trucco’ c’è per aggirare l’angoscia che a volte ci attanaglia quando ci troviamo a pescare in una zona poco conosciuta, oppure quando lo stesso spot, in quel determinato giorno, non vuol sentirne di regalarci una preda neanche a pregarlo in ginocchio: portarsi sempre dietro due canne armate una con il fisso e l’altra con lo scorrevole.
Negli esempi che seguono è stata presa in considerazione una lenza madre con diametro di 0.14 mm, bracciolo con diametro di 0.10 mm, amo N.14 e galleggiante bodied. Per diametri maggiori è sufficiente fare le dovute proporzioni.
Nota: le figure dei terminali non sono volutamente in scala per mettere in risalto particolari più caratteristici di altri.
Galleggiante in posizione fissa
a) Pesca a fondo su bassi fondali. Galleggiante Bodied.
Un galleggiante fisso ovviamente impone che il fondale sia adeguato alla lunghezza della canna (p.e. usando una canna da mt 3,60 il fondale non deve superare i 2,6 mt). Bisogna cioè che ci sia almeno 1 mt di tolleranza tra la lunghezza della canna e la profondità max. del fondale, in quanto bisogna tener conto della curvatura che assumerà la canna con il pesce agganciato. Se non calcoliamo questa tolleranza, non riusciremo neanche ad avvicinare il pesce a portata di guadino, specialmente se è di grosse dimensioni.
Per evitare ingarbugli durante il lancio, è meglio interporre tra lenza madre e bracciolo uno spezzone di 1,5 mt di nylon di diametro più grosso (p.e. 0.20), che per comodità (anche se impropriamente) chiamerò ‘coda di topo’, e su cui andranno attaccati i pallini calibrati. La coda di topo serve da anti groviglio sui lunghi lanci, ma se non facciamo lanci esagerati (diciamo sui 10 mt) e soprattutto se li ‘accompagniamo’, è meglio evitare la coda di topo, in quanto rappresenta pur sempre un ispessimento dell’apparato pescante. Sui lunghi lanci diventa invece indispensabile per evitare i grovigli. Per la stessa ragione, dobbiamo diminuire la lunghezza del bracciolo (max. 1 mt), per eventualmente aumentarlo se non facciamo lanci lunghi. I pallini calibrati, ammassati in due gruppi, vanno messi a ‘scalare’ di grossezza, mettendo il più piccolo vicino alla girella del bracciolo per poi aumentarli di grossezza man mano che si sale verso il galleggiante. E’ ovvio che il peso complessivo di tutti i pallini (compreso i due che fungono da stopper per il galleggiante) non deve superare quello massimo sopportato dal galleggiante: usando una bottiglia di plastica piena d’acqua, oppure l’apposito dosa pallini della Stonfo, possiamo regolarci con precisione sulla quantità di pallini che il galleggiante può reggere.
Stoppaggio della lenza. Questo accorgimento, che è indispensabile nei due metodi di pesca descritti sotto, ma è valido per tutti i tipi di lancio, consiste in questo: appena fatto il lancio, quando ci accorgiamo che il galleggiante ha raggiunto la distanza che ci interessa, distendiamo completamente il braccio in avanti con un’inclinazione di 45° e facciamolo poi scendere lentamente verso la superficie dell’acqua sino a quando la canna non vi si trovi parallela. Contemporaneamente, durante la discesa del braccio, appoggiamo il dito indice sul bordo della bobina del mulinello per fermare la fuoriuscita del filo, ‘stoppandolo’. Quando il galleggiante sta per toccare l’acqua, riportiamo velocemente il braccio ad un’altezza di 45°. Questo stoppaggio favorisce la distensione completa del filo, che a sua volta diminuisce notevolmente il ‘ritorno’ del bracciolo e del terminale sulla lenza madre o sul galleggiante, evitando così un possibile groviglio. Chiudiamo quindi l’archetto.
Terminale per pesca a fondo su bassi fondali
b) Pesca che sfrutta la calata. Galleggiante Bodied.
Questo metodo è rivolto a quei pesci che sono soliti mangiare seguendo l’esca che si sposta lentamente dalla superficie verso il fondo. Personalmente l’ho battezzata “anti noia”, in quanto ci tiene sempre occupati tra recupero e rilancio continui e si rivela veramente micidiale con quei pesci che hanno quelle abitudini (tra i quali c’è anche la spigola).
I pallini da usare sono di grammatura piccola (con una scalatura poco accentuata) e vanno posizionati distanziati tra loro.
Questo metodo è fortemente legato alla buona esecuzione dello stoppaggio della lenza descritto sopra. Questo è il disegno del terminale:
Terminale che sfrutta la calata
b) Pesca a galla o a mezzo fondo. Galleggiante Bodied con supporto ultra leggero.
Questo metodo richiama molto da vicino quello appena visto, ma con queste differenze: non dobbiamo lanciare e recuperare in continuazione e la lenza non scende sul fondale, in quanto pesca appena sotto la superficie o a mezz’acqua (metodo micidiale per occhiate, boghe, surelli, lecce stella, ecc.). Come galleggiante ci serve un bodied per poter fare lunghi lanci, ma adatti a reggere un peso il più basso possibile, in quanto la lenza deve stazionare tra la superficie ed il mezzo fondo. I pallini da usare sono quindi pochi e leggerissimi e la coda di topo va ridotta a 40 cm max. Data la leggerezza del terminale, estremamente soggetto ai ‘ritorni’ sulla madre e sul galleggiante, bisogna acquisire una notevole capacità nello stoppaggio della lenza.
Terminale per pesca a galle e a mezzo fondo
Galleggiante in posizione scorrevole
Pesca a fondo su alti fondali. Galleggiante Bodied.
Il terminale per questo metodo è una via di mezzo tra la Pesca a fondo su bassi fondali e Pesca che sfrutta la calata, dalle quali si differenzia per l’assenza dei due pallini stopper del galleggiante e dall’inserimento di un peso superiore in pezzo unico (pallettone o torpilla) appena sopra la spallinatura.
Il pallino di stop a monte del galleggiante deve essere sostituito da un nodino di stop fatto con un filo di seta (o altro materiale), in quanto questo nodino è soggetto a continui spostamenti per adeguare l’altezza del terminale a quella del fondale, ed il materiale di cui è fatto lede in maniera molto meno cruenta il nylon rispetto al pallino di piombo. Lo stop a valle del galleggiante viene invece dato dal pallettone o dalla torpilla. Bisogna usare una zavorra in pezzo unico in quanto questa favorisce notevolmente la velocità di discesa rispetto alla sola spallinatura.
Suggerimento: tra il nodino di stop ed il pallettone inserire due micro perline che evitano la battuta diretta dell'anellino del galleggiante sul nodino e sul pallettone. La perlina superiore evita che l'anellino possa fuoriuscire dal nodino, quella inferiore che l'anellino batta direttamente sul pallettone o sulla torpilla.
Terminale con galleggiante scorrevole
In tutti gli esempi visti sin qui è stato preso in considerazione il galleggiante Bodied in quanto abbiamo supposto di poter raggiungere il punto di pesca solo con lunghi lanci.
Ove questo non fosse necessario, chiaramente non dobbiamo ricorrere ai bodied, ma ci conviene usare i Straight Loaded (per lanci brevi) o i Stick Float se dobbiamo solo calare la lenza sotto i nostri piedi o appena più in là.
La preparazione dei terminali invece non varia, in quanto è indipendente dal galleggiante usato. Possiamo però evitare di usare la coda di topo.
Suggerimento per lanci brevi. Non dovendo imprimere forza, un lancio a breve distanza ci conviene farlo stando in posizione eretta: tenere la canna davanti a noi bassa sulla superficie dell'acqua e sollevandola velocemente verso l'alto liberare la lenza (anziché fare la classica frustata).
La pesca ibrida inglese/bolognese
Tutto quanto esposto sino a questo punto riguarda i puristi della pesca all’inglese in mare, che in alcuni passaggi può anche differire dall’originale pesca al colpo in acque dolci, per la quale rimando alla lettura dei testi specifici redatti dagli specialisti del settore.
Ma in Italia il tipo di pesca più diffuso in acque salate che maggiormente si avvicina alla pesca all’inglese in mare è la pesca ibrida, che è un misto tra la pesca all’inglese e quella con la bolognese, e che moltissimi confondono con la vera pesca all’inglese, vista la grande somiglianza tra i due tipi. Le differenze fondamentali risiedono in:
– Canna. Per la pesca ibrida si usano solamente canne bolognesi, con misure che spesso vanno ben oltre la canonica misura dei 4,5 mt max. di un’inglese (non è raro vedere pescatori che usano canne anche di 8 mt e perfino di 9 mt, vento permettendo). La bolognese è completamente diversa dall’inglese: è solo telescopica e possiede un numero esiguo di anelli, con diametri ben maggiori. Pur effettuando buoni lanci, non raggiungeranno mai le performance delle inglesi (se volete sperimentare di persona, provate a lanciare un bodied da 40 gr con una bolognese da 7 mt, a patto però che non mi addebitiate la canna per averla spaccata in vari pezzi….). La bolognese quindi è una canna per lanci brevi e di galleggianti con basse grammature, ma è soprattutto una canna da ‘calata’ che sfrutta le correnti per portare l’esca nella zona di pesca, compito che gli è facilitato anche dalla lunghezza.
– Galleggiante. Non ha senso montare un bodied su una bolognese, per le cose che abbiamo appena detto. Molto meglio montare uno Straight Loaded ed ancora meglio montare uno Stick Float, lasciando alla spallinatura il compito di far raggiungere la zona di pesca qualora dovessimo fare un breve lancio. E’ proprio l’utilizzo di questi due galleggianti, tipici della pesca all’inglese, che portano a convincerci di fare una vera pesca inglese anche con la bolognese. Invece stiamo facendo una pesca ibrida.
Il termine ‘ibrido’ suona stonato, sembra quasi che stiamo dicendo una parolaccia, abbiamo timore di pronunciarlo o di usarlo nei nostri post, in quanto dire ‘io pesco all’inglese’ fa più ‘figo’, mentre invece non ci rendiamo conto che facciamo solo sorridere coloro che la pesca all’inglese la fanno per davvero.
Invece non c’è nulla di più sbagliato: la pesca ibrida in acque salate sta dando grandissimi risultati, e se praticata in porti, porticcioli, pontili e zone rocciose riparate dal vento è quella che da i risultati migliori. Con la ‘regina’ agognata dalla maggior parte dei pescatori, poi, (la spigola), la pesca ibrida (od anche la pura pesca alla bolognese, con tanto di galleggiante tradizionale) si rivela quella che porta ad un maggior numero di catture.
Come avviene sempre tra i sostenitori di due fazioni contrapposte, ci saranno i fautori della pesca all’inglese ‘canonica’ che sosterranno anche sotto tortura che il loro metodo è il migliore al mondo, a cui si contrapporranno i sostenitori della pesca ibrida (magari un po’ meno disposti a sacrificarsi sotto tortura…forse…) che invece sosterranno il contrario.
Io non voglio entrare nella diatriba (semplicemente perché non mi interessa), per cui descriverò comunque altri due tipi di terminali da usare con la bolognese, visto che comunque la pesca con la bolognese rappresenta il nostro tipo di pesca ‘nazionale’ e soprattutto…rende!
Dato che le immagini sono abbastanza esplicite, ritengo non siano necessari i commenti. Anche queste immagini non sono in scala per mettere in risalto i particolari
Montatura ibrida per bolognesi corte. Su bolognesi lunghe, la torpilla può essere sostituita da una spallinatura a scalare ed il galleggiante può essere bloccato in posizione fissa.
Montatura classica per bolognesi lunghe (almeno 6 mt). Per bolognesi più corte è meglio usare la montatura ibrida della figura precedente (con galleggiante scorrevole).
Pasturazione e Importanza della precisione del lancio
La pesca con il galleggiante (inglese, ibrida o tradizionale) difficilmente restituisce dei risultati se non è accompagnata dalla pasturazione. La pasturazione è così importante che mi sento di affermare che se per caso la dimentichiamo a casa, tanto vale non scaricare neanche l’attrezzatura e tornarcene indietro, a meno che non sia una bella giornata di sole e ne approfittiamo per abbronzarci, oppure qualche bella turista non ci strizzi l’occhio…
Lo scopo della pasturazione è, prima di tutto, quello di richiamare il pesce a tiro della nostra lenza ed in secondo luogo quello di addensarlo in un branco il più numeroso possibile. Quello che è ovvio è che la pastura serve ad ‘eccitare’ i pesci, e non a sfamarli, e non esagero dicendo che la pasturazione può arrivare ‘allo stato dell’arte’ come dimostra questo episodio a cui ho assistito quand’ero ragazzo. Il mio pontile preferito era, come al solito, brulicante di pescatori. A quei tempi eravamo talmente in tanti che per starci tutti lo spazio tra l’uno e l’altro non superava il metro. Si pescava con la solita cadenza del primo pomeriggio (un pesciolino ogni tanto), in attesa del tramonto sia per dedicarci alla spigola e sia perché il pontile sfollasse della maggior parte delle persone. Ad una certa ora ecco arrivare tre pescatori mai visti prima, due con una lunga bolognese ed una sacca ciascuno, ed il terzo con un grosso contenitore di bigattini, una gigantesca nassa portapesci ed un enorme guadino. Visto che la gente cominciava a sfollare, trovarono posto tutti e tre vicini e mentre due armavano le canne, il terzo iniziò a pasturare abbondantemente la postazione e a calare la nassa. Appena i due misero le canne in acqua, pescarono contemporaneamente due spigolette sui 300 gr, che il terzo uomo infilò nella lunghissima nassa. E riprese a brumeggiare con cadenza continua. Dopo pochissimo altre due spigolette della stessa taglia. E la cadenza del brumeggio riprese. Altre due spigole sul mezzo chilo. Brumeggio…Altre due spigole sul kg… Il terzo uomo si dedicava esclusivamente a brumeggiare, a guadinare ed a infilare le spigole nella rete. E continuò così per circa 4 ore, con alcune spigole che, ad occhio, superavano i 3 kg. Tutti noi smettemmo di pescare e ci posizionammo alle spalle dei tre, alcuni ammirati da quella mattanza, altri intenzionati a buttare a mare i tre, ma tutti rosi dall’invidia. Uno dei miei amici non smise di contare, era arrivato a 37, di cui un buon numero erano bestioni.
I tre (che poi sapemmo essere turisti bresciani) smisero di pescare perché avevano consumato l’intero contenitore di bigattini. Per tirare su la rete ci si misero in tre, selezionarono le spigole al di sotto del kg ributtandole a mare, si tennero le tre più grosse e, con un grande sorriso, ci dissero che le altre erano per noi. Non ho mai più visto quei tre bresciani, ne nell’arco della stagione ne in tutti gli anni successivi. Il giorno dopo, manco a dirlo, prendemmo d’assalto i negozianti di zona per accaparrarci i bigattini in ‘quantità industriali’, ma il numero di spigole che furono catturate a partire da allora sino a tutt’oggi rimase nella media che sempre c’era stata e c’è tuttora in quel pontile (4-5 spigole max, senza contare le innumerevoli giornate buche).
Sembra una favola, vero? Ma è la pura verità, e quel giorno è impresso nella mia memoria in modo indelebile. Per anni abbiamo rimuginato su quell’episodio, senza mai venirne a capo. Mai e poi mai abbiamo scoperto in cosa era consistito il ‘trucco’ di quei tre, se non riconoscere loro una bravura al di fuori delle possibilità umane non solo nel pescare ma soprattutto nel pasturare. Ma probabilmente non c’era alcun trucco, quei tre erano semplicemente arrivati ‘allo stato dell’arte’ a cui ho accennato.
Ma torniamo a noi. La pasturazione può consistere in bigattini (i più usati), mischiati o meno con sfarinati, pellets o farina di pesce. Non essendomi mai neanche lontanamente avvicinato alla bravura di quei tre extraterrestri, mi sono sempre trovato comunque bene operando in questo modo: pasturazione abbondante appena arrivati ed un pugnetto a cadenza fissa nella fase successiva, per poi scendere ad una decina di bigattini ogni 5 minuti durante le fasi di cattura. Se la pasturazione avviene al largo (per cui è necessaria la fionda), bisogna essere il più precisi possibile per lanciare sempre nello stesso punto. Anche il galleggiante, di conseguenza, va lanciato sempre nello stesso punto. Scostamenti grossolani dal bersaglio non fanno altro che disperdere i pesci.
Per centrare meglio il bersaglio con il galleggiante, è meglio superare il punto di pesca di una decina di metri, immergere il cimino in acqua e dare un colpo secco verso l’alto per favorire l’affondamento del filo (se stiamo usando un filo affondante e non ci sono onde). In caso di filo normale, tenerlo ben sollevato sulle onde. In entrambi i casi, recuperare poi lenza sino a rientrare nel bersaglio.
Se dopo un ragionevole lasso di tempo non vediamo alcuna mangiata, recuperiamo la lenza e controlliamo che non sia aggrovigliata, in quanto questo inconveniente, quando peschiamo al lancio, si presenta più frequentemente di quanto non vorremmo.
Devi tenere conto anche della rigidità della canna e del tuo…..polso. Con diametri sottili le ferrate vanno dosate bene altrimenti si rischia di spaccare. Non so che esperienza hai di pesca a galleggiante ma mi pare che sei agli inizi. Se non riesci a prendere tutta la gamma di diametri per i terminali, il mio personale consiglio è di prendere uno 0,12 (magari FC) per mare calmo e trasparente ed uno 0,14 per condizioni più impegnative, in futuro potrai diminuire.
Come dice Oltremare dipende dal polso e dalla canna… Io con lo 0.88 Riverge ho portato a Riva spigola da 800-900 gr(con un pò di fatica ed in casi di mare calmo dove sono stato costretto ad usare quel filo) e sono riuscito a ferrare….Però non pesco da scogli ma in mare aperto e quindi non avendo posti in cui rifugiarsi non ho l'esigenza di forzare la preda ed inoltre ho una canna con azione parabolica che aiuta a stancare il pesce gravando meno sul filo….
E' normale che agli inizi potresti perdere anche le spigole da 200 gr se ferri in maniera esagerata…
.
Il Riverge alcune misure le salta poichè c'è un altro filo della colmic, il King, che in pratica viene fatto sempre dalla cureka ed ha i diametri che nel riverge mancano….
Cmq se hai paura del diametro esiguo del filo segui i consigli di Oltremare… Al massimo, se proprio vuoi scendere di poco, prendi lo 0.112 del Riverge…
non sono esperto con l'inglese , anzi sono agli inizi <xcalabria>x<
Intanto la mia canna è un Tubertini Frontier 202 4.50m 8/25 3 pezzi, sul sito della tubertini non c'è più, l'ho comprata a Siena nel 2011.
Mulinello ryoby applause 3000 con stren 0.18 caricato
Invece ora uso un fluorocabon 0.12 TOYO e ami 16 jaguar e gamakatsu.
Il toyo pagato 4-5 euro non mi piace molto… lo trovo rigido e si vede in acqua…
Fin ora ho preso una tracina di di 10-12cm più o meno e 5 occhiatine della stessa dimensione, con terminale 0.12 e amo 14 (di quelli già pronti), tutti rilasciati ovviamente.
forse con queste informazioni potrete consigliarmi qualcosa di più adatto
Non ho trovato quasi nulla sul web su questa canna per cui non conosco il tipo di azione ed il peso. Il mulinello è ok, forse un pochino grosso, il 2000 sarebbe stato meglio. In bobina sarebbe stato meglio uno 0,16 ma va bene lo stesso, ti facciamo passare l'esame <xcalabria>x<.
Per i terminali ti rimando alle considerazioni fatte nel corso della discussione. L'amo del 14 a mare calmo (presumo che usassi bigattini) può essere grande, se non hai ancora tanta dimestichezza utilizza il 16.
Per quanto riguarda le catture mignon, faccio un appello generalizzato: lasciate perdere il mare calmo e cristallino e aspettate che il mare si muova e si sporchi <xcalabria>x<
Salve, questa guida è interessantissima ed anche tutto il post, però ho un cruccio dubbioso, non vedo le immagini, c'è sempre la casellina con la crocetta rossa a cui "ordino" di mostrarmi l'immagine, ma il risultato che ottengo è simile a questo >v<calabria>v<
Ho dei problemi solo io o che altro ? Se qualcuno sa darmi spiegazioni gli sono grato … spero di non dovermi preoccupare del mio PC !
Grazie. *+-xààà*
Ho dei problemi solo io o che altro ? Se qualcuno sa darmi spiegazioni gli sono grato … spero di non dovermi preoccupare del mio PC !
Grazie.
Stesso mio problema. Interessantissima guida ma …senza immagini .
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